da Francesco Perugini Billi | Ago 12, 2023 | senza categoria
A livello mondiale, la durata media della vita era di 72,8 anni nel 2019 e si prevede che raggiunga i 77,2 anni entro il 2050. Gli ultimi dati diffusi dalle Nazioni Unite mostrano che il 10% della popolazione mondiale ha oltre 65 anni. Il problema attuale è che la durata della salute non si estende allo stesso modo della durata della vita e il carico di malattie legate all’età sta diventando una sfida globale.
Le strategie antinvecchiamento che vengono oggi studiate prevedono, tra le altre, la riduzione dell’infiammazione e dello stress ossidativo, l’attivazione dell’autofagia e la modulazione del microbiota intestinale.
Nella ricerca di farmaci anti-invecchiamento, le piante medicinali o i loro principi occupano una posizione importante. Negli ultimi anni, il cannabidiolo (CBD), cannabinoide non stupefacente ricavato dalla Cannabis sativa, ha attirato l’attenzione come farmaco multitarget. La ricerca attuale mostra che il CBD possiede un’ampia attività farmacologica, tra cui quella antinfiammatoria, antiossidante, neuroprotettiva, immunomodulante, sedativa, antitumorale e antibatterica. Inoltre, il CBD ha dimostrato di possedere una capacità terapeutica in vari modelli patologici: malattie neurodegenerative, dolore, ansia, cancro, malattie autoimmuni e malattie cardiovascolari.
L’invecchiamento è un processo biologico molto complesso. La ricerca attuale mostra che ci sono almeno 14 segni distintivi cellulari e molecolari dell’invecchiamento, tra cui la disfunzione mitocondriale, la senescenza cellulare, il danno al DNA, un’ autofagia inefficace, l’ infiammazione cronica di basso grado e la disbiosi intestinale.
CBD e stress ossidativo – Il CBD protegge dal danno ossidativo. La capacità antiossidante del CBD è risultata più forte di quella della vitamina E e della vitamina C. Diverse ricerche hanno dimostrato che il CBD riduce le specie reattive dell’ossigeno (ROS) indotte dal perossido di idrogeno (H2O2), in diversi tipi di cellule, tra cui monostrati cellulari intestinali, astrociti e cellule neuronali. Inoltre, il CBD migliora l’efficienza dei mitocondri, una delle principali fonti endogene di ROS.
In secondo luogo, il CBD protegge anche indirettamente dallo stress ossidativo, regolando la via di segnalazione Nrf2 – l’attivazione della via di segnalazione Nrf2 è un meccanismo importante nella difesa cellulare contro lo stress ossidativo.
CBD e infiammazione – L’invecchiamento è accompagnato da una disregolazione del sistema immunitario, definita con il termine immunosenescenza. L’immunosenescenza porta all’inflammageing, un’infiammazione di basso grado, inutile sul piano funzionale e causata da un sovraccarico persistente di stimolo immunitario. Questo processo infiammatorio nell’anziano non viene controbilanciato da una adeguata risposta antinfiammatoria. Nei grandi vecchi ma sani, invece la risposta antinfiammatoria rimane, per vari motivi, ancora valida. In sostanza, l’infiammazione non controllata è causa di invecchiamento, spesso anche precoce. Pertanto, una strategia efficace per il targeting anti-invecchiamento è quello di ridurre l’infiammazione cronica per prevenire l’esaurimento della risposta anti-infiammatoria.
Il CBD ha dimostrato un potenziale effetto terapeutico nell’infiammazione neuronale, nelle malattie dermatologiche, nei disturbi immunologici, nell’ infiammazione delle vie aeree e del tratto gastrointestinale.
Il CBD agisce sulla via di segnalazione NF-κB, che è centrale nella risposta infiammatoria, regolando l’espressione delle citochine proinfiammatorie, come IL-1, IL-6, IL-8 e TNF-α. L’azione inibitrice del fattore di trascrizione NF-κB viene attuata dal CBD attraverso diversi recettori endogeni, tra cui CB2, A2a, PPARγ, TRPV1 e GPR55
CBD e microbiota – Il microbiota intestinale svolge un ruolo importante nel mantenimento dell’integrità epiteliale, nell’allenamento del sistema immunitario intestinale e nella prevenzione della proliferazione batterica patologica. Inoltre, è ormai assodato come la salute psico-fisica del nostro organismo sia fortemente influenzata dalle condizioni del microbiota intestinale. Anche il modo con cui invecchiamo è dettato dalla salute dell’ecologia intestinale. Una disbiosi intestinale è certamente una delle cause di infiammazione sistemica, che coinvolge anche processi neurodegenerativi. Con l’età il nostro microbiota si impoverisce e tende ad esprimere ceppi batterici proinfiammatori. Rispetto ai giovani, infatti, la quantità di Bifidobacterium ed Eubacterium nelle persone di età superiore ai 40 anni è significativamente ridotta, mentre si verifica un aumento di Bacteroidetes, batteri Betaproteo e Deltaproteobacteria. Questi cambiamenti negli individui anziani si accompagnano a più alti livelli circolanti di citochine proinfiammatorie, come IL-6 e IL-8. Il CBD è in grado di regolare la disbiosi e l’immunità intestinale e potrebbe rappresentare una potenziale strategia anti-invecchiamento. Per esempio, la combinazione di CBD e olio di pesce(omega-3) ha migliorato l’infiammazione del colon in un modello murino di colite, aumentando la dimensione della popolazione dei batteri anti-infiammatori come l’ Akkermansia muciniphila.
CBD e autofagia – L’autofagia cellulare o autofagocitosi è un meccanismo cellulare di rimozione selettiva di componenti citoplasmatici danneggiati. L’autofagia svolge ruoli chiave nell’omeostasi metabolica e protegge le cellule contro fattori di stress multipli. Tuttavia, l’efficienza dell’autofagia diminuisce con l’età e promuove la senescenza. Gli studi hanno dimostrato che i difetti autofagici riducono la durata della vita in vari modelli animali, tra cui il pesce zebra, i topi e il C. elegans. Studi funzionali, condotti anche sull’uomo, hanno dimostrato che una maggiore autofagia inverte gli effetti associati all’età, rallenta l’invecchiamento e estende la durata della vita. Sempre più numerosi sono gli studi che mostrano come il CBD sia in grado di attivare l’autofagia, con conseguente estensione della durata della vita e miglioramento delle malattie legata all’età.
Bibliografia
- Beibei et al The role of cannabidiol in aging. Biomedicine & Pharmacotherapy 2023
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da Francesco Perugini Billi | Giu 11, 2023 | senza categoria
L’acne vulgaris è l’ottava malattia più diffusa e colpisce circa il 9,4% della popolazione mondiale. In Italia si stima che ne siano affetti il 30-40% dei giovani, tra i 15 e i 20 anni (con un 3% di casi gravi). Anche se più comune negli adolescenti, l’acne può iniziare nei bambini più piccoli e persistere anche durante l’età adulta. Colpendo soprattutto gli adolescenti, l’acne è associata spesso ad effetti psicosociali significativi – soprattutto l’auto-percezione negativa ed una riduzione dell’ autostima – e ad una riduzione delle interazioni sociali; in sostanza, un peggioramento della qualità generale della vita.
E’ una malattia multifattoriale, quindi, l’inizio e la progressione della malattia possono essere condizionati da un’interazione di molti fattori compreso lo stress, gli ormoni e la dieta. Da un punto di vista fisiopatologico, l’acne è una malattia infiammatoria che compromette l’equilibrio dell’ unità pilosebacea: iperproduzione di sebo, anomalie della differenziazione e della proliferazione dell’epitelio infundibulare e proliferazione di un batterio anaerobico, il Cutibacterium acnes.
Terapia
La gestione dell’ acne comprende trattamenti topici e sistemici. Un retinoide come la tretinoina e un antibiotico come l’eritromicina sono prescritti comunemente come agenti comedolitici, antisettici e antinfiammatori. Le formulazioni da banco che contengono l’acido salicilico ed il perossido di benzoile vengono usate come agenti battericidi per trattare forme di media gravità.
Il trattamento sistematico dell’acne include principalmente gli antibiotici della famiglia della tetraciclina (minociclina e dossiciclina). Questi antibiotici orali sono prescritti comunemente per un acne da moderata a severa. Nei pazienti con acne molto severa in cui gli antibiotici non sono più efficaci, la tretinoina orale è spesso prescritta per controllare la presenza di C. acnes e per ridurre la produzione di sebo e l’infiammazione. Inoltre, i contraccettivi orali, come quelli con basso contenuto di estrogeni, possono anche essere prescritti nel caso di acne persistente, per i loro effetti anti-androgeni. Tuttavia, ci sono limitazioni significative a questi trattamenti convenzionali, come la bassa aderenza del paziente alle terapie e gli effetti collaterali. I retinoidi topici possono irritare la pelle, con effetti collaterali tra cui bruciore, secchezza, prurito e arrossamento. Inoltre, l’uso a lungo termine di antibiotici orali può portare a resistenza antibiotica batterica, oltre che a disbiosi intestinale. Per quanto riguarda la tretinoina, generalmente considerata sicura, è noto che questa molecola può avere un effetto embriotossico e teratogeno. Questi potenziali effetti collaterali negativi dei farmaci e i risultati non sempre soddisfacenti, possono scoraggiare i pazienti dall’iniziare o continuare una terapia per l’acne, e spingono i ricercatori a trovare sempre nuove strade, anche nel campo di farmaci naturali meno tossici
CBD e acne
- In uno studio è stati valutato l’effetto del cannabidiolo (CBD), cannabinoide non stupefacente della Cannabis sativa, sulle ghiandole sebacee umane, utilizzando sebociti immortalizzati, posti in condizioni simili all’acne (pretrattati con sostante infiammatore come l’acido arachidonico, acido linoleico e il testosterone). ll CBD ha dimostrato di inibire i mediatori dell’infiammazione, come il TNF-α, l’ IL-1beta, IL-6. I risultati di questo studio, dimostrerebbero il notevole potenziale antinfiammatorio e seboregolatore del CBD.
- In un altro studio è stato testato un estratto di semi di canapa, sempre in un modello cellulare (linea cheratinocitica umana). L’estratto è stato in grado di ridurre l’infiammazione indotta da C. acnes e di ridurre l’espressione dei mediatori dell’infiammazione, come l’IL-1beta e IL-8, e la sovrapproduzione di ossido nitrico.
- In uno studio sull’uomo, si è voluto valutare la sicurezza e l’efficacia degli estratti di semi di cannabis per l’acne, utilizzando una crema al 3%, nel caso di arrossamento della pelle indotto dall’infiammazione acneica. I cambiamenti nell’eritema cutaneo sono stati misurati ogni 2 settimane per un totale di 12 settimane. La crema ha ridotto significativamente l’eritema dopo 12 settimane di applicazioni. Inoltre, il trattamento si è dimostrato sicuro, ben tollerato e anallergico.
Conclusioni
I numerosi studi fino ad ora condotti sul CBD, mostrano un notevole potenziale terapeutico di questo cannabinoide nelle patologie immunologiche, neurodegenerative, tumorali, cardiovascolari e dermatologiche, grazie alla sua azione antinfiammatoria e immunomodulatrice. Per quanto riguarda l’acne, sono necessari studi umani su larga scala, che potrebbero anche definire l’esatta modalità di somministrazione. In conclusione, il CBD può essere utile come trattamento anti-infiammatorio adiuvante per l’acne.
Bibliografia
- Peyravian N. et al. The Anti-Inflammatory Effects of Cannabidiol (CBD) on AcneJournal of Inflammation Research 2022:15 2795–2801
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da Francesco Perugini Billi | Mag 14, 2023 | senza categoria
Il CBN (Cannabinolo), un cannabinoide non stupefacente della Cannabis sativa, viene attualmente proposto sul mercato come un “sonnifero”. Gli studi scientifici a supporto di questa indicazione terapeutica non sono conclusivi. Una revisione del 2021 ha esaminato tutti i 99 studi di ricerca umana esistenti sul CBN e ha trovato solo otto studi che soddisfacevano criteri rigorosi per risultati affidabili. I ricercatori hanno scoperto che la maggior parte delle affermazioni degli effetti della CBN provengono da una piccola serie di studi condotti tra il 1970 e il 1980 e che si basavano su “piccole dimensioni del campione prive di diversità nelle caratteristiche sociodemografiche.” Questi studi non erano abbastanza grandi né abbastanza benfatti per produrre risultati replicabili, e anche se la maggior parte delle affermazioni di marketing per i prodotti CBN si basano su questi primi risultati, i ricercatori hanno concluso che “non ci sono prove pubblicate sufficienti per sostenere le affermazioni relative al sonno” e che i consumatori dovrebbero essere “scettici delle affermazioni dei produttori di effetti di promozione del sonno.
A fronte di una mancanza di prove scientifiche a favore di un reale effetto positivo che il CBN può avere sul sonno, esiste una notevole quantità di prove aneddotiche, legate al feedback dei consumatori.
Aneddotico non significa necessariamente “falso” o semplicemente “effetto placebo”, tanto che negli USA si è voluto quantificare queste prove aneddotiche, utilizzando una apposita App, che raccogliesse in modo sistematico le impressioni dei consumatori sugli effetti del CBN. L’App è diventata operativa nel 2021. Da allora sono stati arruolati 350 consumatori, che hanno utilizzato una tintura commerciale a base di CBN.
Le risposte dei partecipanti venivano registrate ogni mattina tramite domande inviate via SMS. Ai partecipanti veniva posta una serie di domande sul loro sonno. Le loro risposte sono state raggruppate in tre tempi; all’iscrizione, durante una settimana di controllo senza CBN, e mentre prendevano il prodotto CBN ogni notte per circa 3 settimane. Queste domande si concentravano sulla qualità e la durata del sonno e includevano una scala di valutazione 1-5 e 1-10, domande sì/ no e soddisfazione di valutazione su una scala. Le valutazioni sono state progettate per eliminare il più possibile i pregiudizi dei partecipanti e ottenere una comprensione più obiettiva dell’impatto della tintura nel tempo (in questo caso 3 settimane).
Che cosa è emerso da questa indagine?
I risultati sono stati estremamente positivi e indicano che la tintura di CBN ha avuto un ottimo impatto sul sonno. Un sorprendente 81% dei partecipanti ha ritenuto di aver ottenuto un sonno di maggiore qualità con questa tintura CBN e il 78% ha riferito che probabilmente avrebbe continuato a prendere il prodotto anche dopo l’esperimento.
Nel complesso, le persone hanno riferito più ore di sonno, un tempo di addormentamento più corto e una migliore qualità del sonno. Hanno anche riferito di essersi svegliati meno volte durante la notte, ma è interessante notare che alcuni sembravano avere più difficoltà a riaddormentarsi dopo il risveglio.
Altri dati interessanti?
- Il 72% ha affermato che la tintura CBN ha funzionato meglio di qualsiasi altro aiuto per il sonno
- Oltre la metà degli intervistati (61%) ha detto che si sentiva più fresco e riposato al mattino e il 64% ha detto di aver aumentato i livelli di energia durante la giornata.
- L’ 82% ha affermato che avrebbe consigliato la tintura ad un amico.
Inoltre, il 68% degli intervistati ha riferito meno ansia quotidiana durante l’esperimento e il 72% ha riferito uno stato di maggiore tranquillità. Questo spiegherebbe la relazione che spesso esiste tra livelli di ansia e l’insonnia.
Bibliografia
- Zeng, L. N., Zong, Q. Q., Yang, Y., Zhang, L., Xiang, Y. F., Ng, C. H., Chen, L. G., & Xiang, Y. T. (2020). Gender Difference in the Prevalence of Insomnia: A Meta-Analysis of Observational Studies. Frontiers in psychiatry, 11, 577429. https://doi.org/10.3389/fpsyt.2020.577429
- Corroon J. Cannabinol and Sleep: Separating Fact from Fiction. Cannabis Cannabinoid Res. 2021 Oct;6(5):366-371. doi: 10.1089/can.2021.0006. Epub 2021 Aug 31. PMID: 34468204; PMCID: PMC8612407.
- Del Pozo, A., & Barker-Haliski, M. (2023). Cannabidiol reveals a disruptive strategy for 21st century epilepsy drug discovery. Experimental neurology, 360, 114288. https://doi.org/10.1016/j.expneurol.2022.114288
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da Francesco Perugini Billi | Mar 27, 2023 | senza categoria
Uno studio ha mostrato che il cannabidiolo (CBD) è in grado di aumentare il flusso sanguigno nelle regioni del cervello legate alla memoria.
In questo studio si è voluto misurare gli effetti acuti del Cannabidiolo (CBD) sul flusso sanguigno cerebrale nelle regioni cerebrali associate all’elaborazione della memoria. Quindici soggetti sani sono stati reclutati e sottoposti a scansione cerebrale dopo aver ricevuto un placebo o una capsula da 600 mg di CBD. Il flusso sanguigno cerebrale è stato misurato utilizzando una tecnica di risonanza magnetica (MRI) chiamata etichettatura di spin arterioso.
I risultati hanno rivelato un aumento significativo del flusso sanguigno ippocampale dopo una singola dose di CBD. Aumenti del flusso sanguigno sono stati visti anche nella corteccia orbitofrontale, una regione nota per il processo decisionale.
Questi risultati possono avere implicazioni per il potenziale uso del CBD in una serie di disturbi associati alla disfunzione ippocampale, tra cui il morbo di Alzheimer, il PTSD e la depressione.
Bibliografia
- -Bloomfield MAP, Green SF, Hindocha C, et al. The effects of acute cannabidiol on cerebral blood flow and its relationship to memory: An arterial spin labelling magnetic resonance imaging study. Journal of Psychopharmacology. 2020;34(9):981-989.
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da Francesco Perugini Billi | Mar 20, 2023 | senza categoria
L’ anandamide è un neurotrasmettitore che fa parte della classe degli endocannabinoidi, sostanze prodotte dal nostro organismo. Ananda in sanskrito significa “beatitudine” e si riferisce all’effetto dell’anandamide sul nostro umore: serenità, felicità, pace. Questa sostanza si lega ai recettori endocannabinoidi distribuiti in tutto il corpo, dal sistema nervoso centrale al sistema immunitario, e modula la risposta al dolore, alla fame, al piacere, al bisogno di sonno e la relazione con i ricordi. La sensazione di benessere dopo una camminata o una corsa è dovuta al rilascio degli endocannabinoidi. Ma l’anandamide svolge anche altre importanti funzioni; per esempio, la sua azione sui recettori CB1 cerebrali ha un ruolo fondamentale nell’ovulazione, così come nell’impianto dell’ovulo fecondato e nello sviluppo del feto. E’ presente anche nel latte materno e serve per stimolare la poppata nel lattante.
La struttura molecolare dell’anandamide è sorprendendemente simile al THC, cannabinoide contenuto in alcune varietà di Cannabis, tanto che il THC si lega agli stessi recettori dell’anandamide, esercitando effetti simili. Invece, il CBD, sempre contenuto nella Cannabis, agisce debolmente sui recettori CB1, ma incrementa l’effetto dell’anandamide riducendo l’enzima che lo degrada, il FAAH. Lo stress, condizioni patologiche croniche, traumi sono alcuni dei fattori che esauriscono il sistema endocannabinoide, che può essere invece resettato dalla somministrazione di cannabinoidi vegetali.
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